Domande Frequenti sulla Cultura e Cucina Giapponese
Per la yakisoba non si usa ne’ la soba, ne’ gli udon. Si usano i men, quelli stile cinese, come per il ramen (ossia preparati con kansui).
La differenza tra i men/noodles del ramen e quelli della yakisoba è che solitamente per la yakisoba si usano quelli precotti (al vapore), mentre per il ramen si usano quelli freschi.
A seconda della marca inoltre ci può essere anche una differenza a livello di proporzioni di farina.
Il bicarbonato di sodio ha un PH di circa 8,5. Il kansui, formato da carbonato di sodio e/o carbonato di potassio, ha un PH che si aggira intorno agli 11,5 – 12. Questa differenza è fondamentale, dal momento che l’alcalinità è l’elemento chiave che rende il kansui indispensabile per la produzione di ramen. Se si usa il bicarbonato, oltre alla difficile solubilità, non si avranno gli effetti desiderati (colore e sapore). Si può realizzare il kansui di carbonato di sodio con un semplice procedimento descritto qui.
Solitamente l’alga che viene più spesso messa nella zuppa di miso è la wakame.
L’alga konbu invece, che è di norma usata per realizzare il brodo dashi usato per la zuppa, non rimane all’interno del prodotto finito.
Potrebbe però venire messa nella zuppa quando è sottoforma di oboro-konbu o tororo-konbu.
In Giappone si mangiano moltissime verdure e affini.
Il buddismo avendo vietato il consumo di molti tipi di carne nei secoli passati ha influenzato molto la cultura culinaria di questo paese.
Al contrario invece il consumo del pesce è quasi inscindibile dalla cucina.
Di conseguenza il principale problema per un vegetariano occidentale è il pesce. Quest’ultimo è infatti alla base del brodo dashi, che a sua volta è alla base della maggior parte dei piatti giapponesi.
Si beve il caffè, ma nella versione all’americana. Viene venduto dappertutto, sia nei ristoranti che nei supermercati o combini in lattine, sia freddo che caldo, mischiato con latte o no.
Il cosiddetto espresso, ossia il classico caffè all’italiana in tazzina, è servito nei ristoranti italiani, nei vari cafè ed in altri numerosi altri luoghi. Purtroppo però non è quasi mai come lo intendiamo noi ed i locali che lo servono veramente all’italiana sono pochi.
La quasi totalità dei giapponesi non mangia gli insetti.
C’è da dire che però esistono delle eccezioni che appartengono ad antiche tradizioni culinarie in zone specifiche del paese (chinmi).
Un particolare tipo di cavalletta chiamata inago cucinata secondo una ricetta specifica diventa una rara specialità locale chiamata inago-no-tsukudani.
Anche le larve delle api, chiamate hachi-no-ko, sono un’altra rara specialità giapponese.
Sono solo delle eccezioni, paragonabili ad esempio al celebre formaggio sardo Casu frazigu, colonizzato dalle larve della mosca casearia.
Assolutamente i serpenti non appartengono alla dieta nipponica.
Esiste però un usanza, non molto diffusa, che consiste nel far macerare una vipera giapponese, chiamata mamushi, in bottiglioni di whisky o shōchū. Ad Okinawa un’altro serpente, chiamato habu, viene allo stesso modo usato per produrre l’habushu, solitamente a base di awamori (l’alcolico simbolo dell’isola).
La tradizione dice che bevendone qualche sorsata si possano giovare forti effetti afrodisiaci e rivitalizzanti, oltre a guadagnare una piccola immunità ai veleni.

Il consumo di alcolici è considerato come un fondamentale momento di aggregazione in Giappone. Non solo tra amici e familiari, ma anche dopo il lavoro è normalissimo ritrovarsi con i colleghi a bere numerosi calici di birra, sakè e altro senza la benchè minima preoccupazione di intaccare la propria immagine.
I giapponesi dichiarano chiaramente come i fumi dell’alcool facilitino i loro rapporti sociali aprendo le barriere intrinseche della timidezza o della riservatezza.
Bere tanto fino ad ubriacarsi non è considerato quindi un male, l’importante è che il giorno dopo si rispettino i propri doveri.
Ciò che influenza la forma fisica dei giapponesi è sicuramente la dieta, bilanciata, ipocalorica e con un limitato uso di grassi animali.
Per saperne di più leggi questo articolo.
Oltre alle bacchette vengono usati dei cucchiai di varie dimensioni a seconda del piatto.
Il coltello viene usato raramente a tavola, dal momento che solitamente i piatti che lo necessiterebbero vengono preparati in modo da essere serviti già tagliati.
Gli alimenti morbidi vengono “divisi” pizzicando con le bacchette.
Le forchette non fanno parte della cultura culinaria giapponese, ma sono chiaramente usate quando si consumano piatto occidentali.
Un pasto semplice e veloce lo si trova a meno di 1000 yen (9 euro), come ad esempio un ramen, un gyūdon o un tendon.
Aumentando fino ai 3000 yen (25 euro) si può gustare ad esempio un sushi di qualità più che decente, una cena in un ristorante italiano di livello mediocre, uno yakiniku economico, okonomiyaki, una bella scorpacciata di yakitori.
Salendo fino ai 7000 yen (60 euro) si passa ad un livello superiore, come cucina washoku, yakiniku di livello buono, ristorante italiano di livello medio alto, sushi di livello più che buono.
Sopra 7000 yen si entra nei livelli del lusso del cibo.
Il riso è la principale fonte di carboidrati nei pasti tradizionali.
Quando è consumato in bianco non deve essere considerato come un piatto a sé stante, ma come un elemento complementare a tutti gli altri piatti che si hanno sulla tavola, alternandosi, ad esempio, ad un boccone di pesce ed un sorso di zuppa di miso.
Il suo scopo potrebbe essere, un po’ alla buona, paragonato a quello del pane nel pasto all’italiana. Il riso, però, assume un ruolo molto più importante, indispensabile, a differenza del pane di cui si potrebbe anche spesso fare a meno dal momento che i carboidrati li assumiamo solitamente dalla pasta.
La cucina italiana è amatissima dai giapponesi, e tra quelle straniere è quella più consumata, circa allo stesso livello di quella cinese.
Di conseguenza di ristoranti che servono cucina italiana ce ne sono a migliaia. La qualità media è molto buona, e come non mancano però i locali di scarso livello, ne esistono numerosi di sorprendente qualità.
Nonostante il sushi sia il piatto simbolo ed il più famoso, in Giappone non è consumato così tanto come si potrebbe immaginare.
In media viene mangiato non più di qualche volta al mese.